Dieta ZonaSelezionare gli alimenti con la dieta a zona ragionando in termini non calorici, ma ormonaliLa piramide della dieta a zona
Non è esattamente una dieta. La dieta a Zona messa a punto negli Stati Uniti da
Barry Sears -
biochimico, oncologo ed endocrinologo - è più che altro una strategia
alimentare. “Sono convinto che le diete ad alto tenore di carboidrati
possano addirittura essere pericolose e favorire lo scatenarsi delle
malattie che dovrebbero prevenire”, ha dichiarato Sears, considerato
l’ideatore della risposta americana alla dieta mediterranea.
Il segreto consiste nel mantenere costante la glicemia attraverso
un regime intelligente e tutt’altro che mortificante. La dieta a Zona,
infatti, insegna a
selezionare gli alimenti ragionando in termini non calorici, ma ormonali,
dal momento che l’assimilazione dei cibi è regolata proprio da ormoni
(insulina, glucagone ed eicosanoidi), uno per ciascuno dei tre
macronutrienti: carboidrati, proteine e grassi. Entrare ‘in zona’
consiste nel mantenere - grazie alla scelta di alimenti adatti - questi
ormoni in equilibrio tra loro, evitando, per esempio, il famoso picco
insulinico che porta all’attacco di fame, nemico numero uno di tutte le
diete.
Per entrare in… zona, bisogna prima di tutto imparare a distinguere le tre famiglie di alimenti. C’è un criterio ben preciso:
carboidrato è tutto ciò che spunta da terra;
proteina è tutto ciò che si muove;
i grassi sono olio d’oliva, frutta secca e nient’altro. In ognuno dei
tre pasti giornalieri (colazione, pranzo e cena) e in ogni spuntino (a
metà mattina, a metà pomeriggio e la sera prima di coricarsi) tutti e
tre i macronutrienti devono essere presenti.
Interessante, al raggiungimento dell’obiettivo (che è convertire la
massa grassa in massa magra, complice anche il movimento: minimo
mezz’ora a piedi al giorno), l’aumento dell’efficienza fisica e
mentale. La Zona, non a caso, è considerata
anche una dieta antistress, che aiuta e reagire meglio alle tensioni emotive grazie all’equilibrio ormonale.
Unico neo: pane, pasta e riso, almeno per i primi tempi, sono off
limits. La ragione è semplice: i carboidrati contenuti nei farinacei si
trasformano in grassi più in fretta rispetto a quelli contenuti nelle
verdure, lasciando un senso di vuoto e di fame.